lunedì 1 ottobre 2018

NON ENTRATE IN QUELLA CASA (PROM NIGHT) 

Regia: Paul Lynch
Genere: Horror/Slasher
Anno: 1980



6 ragazzini, un gioco innocente finito in tragedia, la morte di una bambina, e un pericoloso serial killer pronto a seminare il panico ad un ballo scolastico. Questi sono gli ingredienti di questo slasher movie del 1980 diretto da Paul Lynch, e che vede all'interno del cast la presenza di Leslie Nielsen - non ancora il personaggio della serie de La Pallottola Spuntata- e una giovanissima Jamie Lee Curtis ancora alle prime armi in veste di attrice.

Della trama vi ho accennato poco sopra, e sinceramente a parte quello che ho scritto c'è davvero poco o null'altro da dire. Potrei parlarvi dello svolgimento del film, davvero troppo lento ad arrivare al dunque - il killer si farà vedere per la prima volta dopo un'ora - e anche quando avrà l'ardire di presentarsi al ballo, beh..che dire..non è il killer migliore del mondo, ma il perché di questo lo capire alla fine, quando scoprirete chi è l'assassino. Anzi se siete un attimo svegli, chi è l'assassino lo capirete circa dopo 10 minuti di film, e non scherzo. Perché una delle pecche di questo lavoro risiede proprio lì, nel suo sputtanarti già ad inizio film l'identità dell'assassino. Non lo dice esplicitamente, ma ci si arriva in maniera piuttosto facile.

Anche se il film prova un minimo a mettervi in confusione, facendo salire alla ribalta due/tre personaggi che bene o male potrebbero essere gli assassini: il tipico bulletto liceale, il giardiniere/tuttofare mentalmente disturbato, e un non meglio identificato assassino fuggito da un manicomio criminale, che ahi noi non si vedrà mai. Non ci riesce tuttavia, si sa già come va a finire e se non fosse per almeno un paio di siparietti involontariamente comici - l'assassino che si dimentica l'accetta mentre rincorre una vittima, oppure sempre lui che per uccidere la medesima ci mette un'eternità - il film si risolverebbe nella mediocrità generale, di un film stereotipato e mal realizzato. Noioso per larghissimi tratti - soprattutto la lunghissima scena di ballo che vede protagonista la bella Jamie Lee Curtis - e che più volte mi ha fatto sbadigliare.

Non brutto, ma nemmeno bello. Mediocre.


Ps: Ah ne hanno fatto addirittura tre sequel, e anche un remake. Troppa roba forse. Me li vedrò. Con calma.


venerdì 28 settembre 2018

Bloody Moon

Regia: Jesùs Franco
Genere: Horror/slasher
Anno:1981



Altro giro altra corsa. Oggi si riprende a parlare di slasher con Bloody Moon, film del 1981 diretto dal regista spagnolo Jesùs Franco.

La trama: Miguel, giovane ragazzo sfigurato e disturbato, ad una festa violenta e uccide una ragazza, sventrandola a colpi di forbice. Dopo aver passato un certo periodo in una clinica per malati mentali, viene dimesso. A prenderlo in carico sarà la sorellastra Manuela, direttrice e co-proprietaria di un istituto linguistico, frequentato soprattutto da belle ragazze straniere, tedesche e scandinave soprattutto.
Sarà soprattutto una di loro, Angela, ad attirare le attenzioni "particolari" di questo efferato serial killer. 

Del film si può dire tutto, tranne che sia un capolavoro. Non lo è, per niente. I dialoghi sono per lo più stupidi, con molte allusioni a sfondo sessuale che non fanno ridere, e che a voler essere onesti non hanno una vera e propria importanza. Ho avuto la sensazione che siano stati scritti per riempire dei momenti. 
La trama c'è ma tutto sommato è relativa, nel senso che non ha una vera e propria importanza. Alla fine la cosa che ti tiene incollato allo schermo non è tanto sapere a chi andrà l'eredità, se a Manuela o al suo fratellastro Miguel, ma soprattutto lo scoprire chi è l'assassino, e perché se la prenderà tanto con la povera e innocente Angela.

Non ho visto tutti i film di Jesùs Franco, e credo che nemmeno lui li abbia visti tutti, ma non credo sia una delle sue opere migliori. Uno slasher classico, senza colpi di scena, senza trovate registiche di rilievo, anche un po piatto in alcuni frangenti. Le cose che mi hanno davvero divertito sono alcune particolarità, come ad esempio coltelli che si infilano nella schiena, per uscire poi con la punta dal capezzolo, sangue che schizza con un certo ritardo dal collo ormai privato della testa, o anche bambini investiti che si rivelano essere pupazzi spezzati per metà. Tuttavia sono anche cose come queste che mi fanno amare questi film.

martedì 25 settembre 2018

DAHMER - IL CANNIBALE DI MILWAUKEE

Regia: David Jacobson
Genere: Drammatico/Horror
Anno:2002


Ho sempre apprezzato le storie di serial killer, omicidi, maniaci e tutto quello che può essere considerato il lato oscuro della vita e della mente umana. Perciò non stupisce che ultimamente sia tornato prepotentemente a buttarmi su questa tipologia di film. E dopo aver parlato la volta scorsa di Henry - Portrait of a Serial Killer, film volutamente ispirato (ma molto alla lontana) ai racconti del fu Henry Lee Lucas, quest'oggi voglio provare a parlarvi di Dahmer - Il Cannibale di Milwaukee, film del 2002 diretto da David Jacobson e interpretato da Jeremy Renner.

Credo che sul personaggio di Jeffrey Lionel Dahmer ci sia veramente poco da dire. Centinaia di libri e documentari ne hanno sviscerato fin troppo bene il personaggio. Sappiamo come sceglieva le sue vittime, come le stordiva per approfittare di loro, e sappiamo anche di come faceva sparire i corpi dei poveri malcapitati, tenendo alcune volte per sé dei simpatici souvenir.
Il film in questione invece è un tenebroso affresco psicologico di un uomo disturbato e divorato dai propri demoni, ai quali proprio non riesce a sottrarsi. Poche, anzi direi inesistenti le scene gore, e con un personaggio come Dahmer che amava fare a pezzi le proprie vittime, e volte anche mangiarle, il ricorrere al facile sensazionalismo dello splatter poteva essere molto scontato. Invece no, il film si concentra maggiormente sulla psiche del personaggio,  cercando di scavare al suo interno, e facendo un largo uso di flashback per ripercorrere alcuni traumi della sua vita passata, come ad esempio il divorzio dei genitori, con conseguente abbandono, o l'alcolismo che già in giovane età lo stava divorando.
Ottima in questo senso l'interpretazione di Jeremy Renner nei panni del mostro, intenso e convincente, talmente tanto, a mio modestissimo giudizio, da farmi arrivare a provare pena per Jeffrey Dahmer e quasi a farmi solidarizzare con lui. Ovviamente senza condividere la sua deriva omicida.

Insomma un ottimo film, da vedere assolutamente.

lunedì 17 settembre 2018

Henry - Portrait of a Serial Killer

Regia: John McNaughton
Genere: Horror/Splatter/Slasher
Anno: 1986


Il film di oggi è Henry - Portrait of a Serial Killer del 1986. Un horror/splatter con atmosfere slasher, diretto da John McNaughton e distribuito nelle sale a partire dal 1989, per probolemi riguardanti i suoi contenuti particolarmente violenti.

La storia si svolge a Chicago, dove un Henry Lee Lucas appena uscito di prigione viene ospitato in casa di Ottis Toole. Henry lavora come disinfestatore, e ha un passato oscuro. Un giorno arriva a casa dei due Becky, la sorellina di Ottis, appena scappata di casa e in cerca di qualcosa di nuovo.
Henry e Ottis lavorano e conducono un'esistenza piuttosto banale e oserei dire piatta, tranne quando escono la sera per adescare donne. Dopo aver avuto con loro rapporti sessuali, anche molto violenti, le strangolano e le uccidono in modo molto efferato.
Intanto tra Becky ed Henry sta nascendo un sentimento, ma..

E con la trama mi fermo qua. 

Cosa dire di questo film? Innanzitutto all'inizio del film ci appare un cartello, che ci avvisa che il film che andremo a vedere è solo una storia di fantasia, ispirata molto alla lontana ad alcuni racconti fatti dal buon Henry Lee Lucas una volta incarcerato. Giusta sottolineatura ho pensato, visto che la storia non c'entra assolutamente nulla con quella del serial killer dall'occhio di vetro. Le uniche cose a unire quel film alle vicende reali sono: i nomi dei protagonisti, e qualche aneddoto della vita passata di Henry, come l'aver ucciso la madre.
I personaggi sono totalmente distaccati per caratteristiche da quelli reali. Abbiamo infatti un Henry molto diverso da come ci è stato raccontato, molto lucido e non incline a scatti di rabbia. Anzi molto freddo direi. Abbiamo un Ottis Toole non più gay, ma anzi che quasi si potrebbe dire maniaco sessuale ossessionato dal gentil sesso. Becky che nella realtà era una mezza ritardata e facilmente plagiabile, è qua una normalissima ragazza in cerca di lavoro e stabilità.
Tolto tutto questo cosa rimane allora? Rimane un buon film, dalle atmosfere cupe e disturbanti, ben diretto e ben recitato dal cast. Un film violento, un buon horror insomma.
La cosa che mi domando io è: perché mettere di mezzo il nome di Henry Lee Lucas, se poi devi girare un film che col suddetto serial killer ha poco a che spartire? Per farsi pubblicità? 
Secondo me una sceneggiatura improntata su un personaggio di fantasia avrebbe fatto guadagnare al film qualche punto, perché molti che lo guarderanno sicuramente si aspetteranno una ricostruzione un pizzico più fedele.
Se cercate questo, beh allora è meglio un bel documentario.


sabato 1 settembre 2018

T.N.T. JACKSON

Regia: Cirio H. Santiago

Genere: Blaxploitation

Anno: 1974

Cirio H. Santiago, chi era costui? Un prolifico regista/sceneggiatore filippino che negli anni 80 era solito girare molti film in lingua inglese sul tema della guerra (soprattutto Vietnam), e tutti con una cosa in comune: l'essere a basso costo.
Ma negli anni 70, e precisamente nel 1974, volle provare a cimentarsi in un sottogenere abbastanza particolare, la Blaxploitation. Per chi non lo sapesse è un sottogenere di film d'azione che avevano come protagonisti attori afroamericani, e che solitamente (ma non sempre) erano anche diretti da registi afroamericani.

Comunque..che dicevo? Ah si, il film si apre con la nostra protagonista, Diana "TNT" Jackson, che arriva ad Hong Kong per cercare suo fratello che sembra scomparso nel nulla. Arrivata sul posto farà la conoscenza di Joe, proprietario di uno strip club, che l'aiuterà nelle ricerche.  Molto presto però scoprirà che il fratello è bello che morto, per  poi  rimanere  invischiata in una brutta storia di narcotraffico, dove dovrà dibattersi tra l'americano Sid (con fidanzata poliziotta e doppiogiochista), il cinese Ming, e lo spaccone Charlie, afroamericano come lei, e col quale vivrà un intenso rapporto di amore e odio.

Il film è noioso, e voglio dirlo subito a scanso di equivoci. La trama c'è ok, ma è esile e mal proposta. Il fatto che si scopra subito che il fratello di lei è morto fa decadere un buon 50% della storia, rendendo di fatto il film praticamente inutile. Perche? Perche la storia del narcotraffico non regge, molte scene sono solo un pretesto per altrettante scene di combattimento a mani nude, nemmeno fatte troppo bene se volete la mia modestissima opinione.
La recitazione è ovviamente sotto la media, e la cosa non mi stupisce più di tanto ok, ma porca miseria ogni volta che vedevo combattere la bella TNT (Jeanne Belle) avevo la sensazione che non fosse molto a suo agio, aveva sempre un'espressione tra l'impaurito e il "cosa cazzo sto facendo?". Ma nonostante questo riusciva a sbaragliare tutti, figurati.
Il premio per il personaggio più fastidioso va però sicuramente a Charlie (Stan Shaw), il quale per tutto il film non fa altro che apostrofare chiunque, uomo o donna che sia, col termine "baby". Capisco che nello slang americano possa essere una parola di uso comune, ma cavolo mai sentita tante volte in così poco tempo.

Film tutto sommato che nel filone blaxploitation può starci, sebbene ce ne siano di infinitamente migliori (Superfly del 1972, per dirne uno), ma non aspettatevi molto, se non tanti combattimenti a mani nude e poca sostanza.


lunedì 20 agosto 2018

L'Ultima Odissea (Damnation Alley) 1977

Regia: Jack Smight

Genere: Post-Apocalittico/Fantascienza

Anno: 1977


E torniamo oggi con L'Ultima Odissea  (Damnation Alley),  film del 1977 diretto da Jack Smight, famoso per aver diretto Airport '75 e Detective Story con Paul Newman,  e interpretato tra gli altri da George Peppard, si proprio l'Hannibal Smith dell'A-Team, già famoso in gioventù per quel capolavoro che è stato Colazione da Tiffany.

Damnation Alley inizia in una base missilistica dell'aviazione americana, dove il Maggiore Donner (George Peppard), e il Luogotenente Tanner (Jan-Michael Vincent) si apprestano a lanciare dei missili per intercettare delle testate nucleari dirette sugli Stati Uniti. Sfortuna vuole che alcuni di quei missili facciano centro, rendendo l'intera superficie degli Stati Uniti una palla di fuoco radioattiva. 
La trama riprende dopo qualche tempo, non si sa bene quanto, nella stessa base missilistica vista in precedenza. Alcuni sopravvissuti si arrabattano alla meglio per sopravvivere in un ambiente esterno reso ormai arido e inospitale, e pieno (?) di creature pronte ad uccidere con un sol colpo.

In sostanza è il classico film trash post-apocalittico, in cui viene raccontata la lotta di alcuni sopravvissuti alla ricerca di un posto migliore in cui vivere. Questo film tuttavia non riesce a colpire nel segno, in virtù di una trama scarna e mal raccontata, e di una sceneggiatura avara di colpi di scena. Un film povero, in cui la sensazione di trovarsi in un pianeta ormai morto, bombardato da radiazioni ecc ecc non si ha praticamente mai. Il territorio inospitale si limita ad un deserto sabbioso e nient'altro, e anche quando i nostri arriveranno in una città ormai abbandonata, questa sembrerà tutto tranne che reduce da un bombardamento con testate nucleari. Non un palazzo in macerie, auto ancora intatte, e in cui i nemici più ostici con cui i nostri faranno i conti altro non sono che blatte, comunissime blatte rese "radioattive e iper resistenti" da una sceneggiatura scritta col culo. Ci sarebbero poi degli scorpioni un po più grandi del normale, ma niente che sia paragonabile a quelli radioattivi di Fallout..
Il cast poi sembra una rivisitazione ante litteram dell'A-Team: c'è Peppard col suo immancabile sigaro d'ordinanza, il belloccio con la faccia da schiaffi (e no, non è Templeton Peck), e il ragazzo di colore (Keegan/Paul Winfield), meno burbero di Mr. T e anche molto meno ingioiellato e resistente..
Va detto poi che questo film è ispirato al libro di Roger Zelazny La Pista dell'Orrore, la cui storia però è stata completamente sputtanata in sede di stesura della sceneggiatura, lasciando fuori molti degli elementi che resero il libro un buon successo. Purtroppo il buon Zelazny non si rese conto della cosa finche non vide il film al cinema. Pace all'anima sua.

In definitiva un film piuttosto noioso, piatto, che se non fosse per la presenza di George Peppard non avrei nemmeno guardato. 

martedì 29 maggio 2018

CRIME


"La prima e unica rock n roll band di san Francisco"



Così amavano definirsi i Crime agli inizi della loro carriera, una carriera fatta di molti 7", ed un unico Lp - almeno per quanto riguarda la prima incarnazione della band - uscito però postumo nel 1991 col titolo di San Francisco's Doomed. I Crime nascono nella città della baia nel 1976 da Frankie Fix (Chitarra), Johnny strike (voce  Chitarra), Ron "The Ripper" Greco (Basso) e Ricky James (Batteria); Hanno avuto una carriera travagliata e ricca di cambi di formazione, carriera che porterà in dote come detto in precedenza solo una manciata di 7" - tra cui da ricordare Murder by Guitar/Frustration del 1977- ormai divenuti di culto, e oggetto di aste tra collezionisti di vinili rari. 
Di loro si ricordano soprattutto l'incendiaro punk rock, progenitore per certi versi anche dell'hardcore, e la storica esibizione live del 1979 nel carcere di san Quintino vestiti in uniforme da poliziotti (e ci voleva un certo fegato per farlo..), look che sarà ripreso più volte anche per gli scatti fotografici che hanno contribuito a rendere i Crime una band di culto.
si riformano nel 2005 e proprio nello stesso anno si esibiscono da Headliner al Road to Ruins Festival a Roma, con una line-up parzialmente rinnovata. Nel 2008 poi danno alle stampe il nuovo Exalted Masters, raccolta di vecchio materiale e rarità mai pubblicate in precedenza.
Un gruppo magari poco conosciuto, di culto o di nicchia fate voi, ma che merita più di un ascolto e la cui importanza non può essere messa in dubbio, e sono sicuro che in molti rimarrebbero rapiti dal loro punk rock 'n roll grezzo e chiassoso ma che non fa prigionieri. 

martedì 22 maggio 2018

Skateboard e Hardcore.




McRad con Chuck Treece 
Il legame che questo sport ha sempre avuto con la musica, specie nelle sue accezioni più estreme e meno conformiste, è chiaro ormai da decenni, più o meno da quando lo skateboard diventò un fenomeno sempre più crescente nella Los Angeles degli anni 70.  Ma è  proprio con l'hardcore che il rapporto è sempre stato strettissimo, figlio probabilmente di una comune voglia di ribellarsi alle autorità, ai genitori e alle istituzioni.


Mike V and the Rats
Tony Alva
Molti gruppi hanno negli anni dichiarato in maniera più o meno velata il proprio amore verso tavola: si va dai Suicidal Tendencies, il cui frontman Mike Muir è fratello dello skater professionista Jim Muir,  ai JFA (Jodie Foster's Army) che  in più di un'occasione hanno dedicato canzoni, scatti fotografici e immagini di copertina allo skateboard,o i pazzi Gang Green di Braintree (Massachussets) con la passione per lo skateboard e l'alcool - cosa che li portò a far installare sul palco una vera rampa da skateboard in alcuni dei loro concerti- 


Per  arrivare poi  a gruppi più recenti come Pennywise, Bones Brigade, NoFx, Guttermouth e Millencolin, tutti gruppi per cui fu coniato il termine "skate punk", a sottolinearne la popolarità proprio tra gli skater.
Anche diversi skater professionisti si sono dati in tempi diversi alla musica: si va da Tony Alva coi suoi The Skoundrelz, o a Mike Vallely che dopo aver inciso tre album coi suoi Mike V and the Rats è diventato il cantante dei riformati Black Flag, fino ad arrivare ai McRad di Philadelphia capitanati da Chuck Treece, skater professionista e chitarrista dotato di buon talento.


martedì 10 aprile 2018

TERRORIZER - World Downfall

Wordl Downfall è un disco che sa di riscatto. Perche? Il perchè è radicato negli inizi della band, e nella sua vita breve e piuttosto travagliata nonchè priva di soddisfazioni pratiche. Ma fermiamoci un attimo e facciamo un salto indietro:

Il primo nucleo della band nasce ufficialmente a Los Angeles tra il 1986 e il 1987. Inizialmente chiamati Unknown Death, e successivamente Decomposed, arriveranno in seguito al monicker che li ha resi immortali: Terrorizer, nome preso in prestito da una canzone dei Master, leggenda death metal di Chicago.
World Downfall Line-Up
Del gruppo faceva inizialmente parte Oscar Garcia, cantante e all'inizio anche chitarrista, appassionato della nascente scena metal estrema. Uno dei primi compagni di Garcia nei nascenti Terrorizer fu l'allora teenager Jesse Pintado, poi futuro Napalm Death ingaggiato da Garcia dopo averlo visto passeggiare in strada con addosso una t-shirt dei Maiden. La prima line up della band si assestò poi con l'ingresso di Alfredo, misconosciuto bassista con la passione del baseball, e il batterista Fish. Come dicevamo in precedenza poche furono le soddisfazioni per i Terrorizer, se non vogliamo definire tali il provare in un garage e il suonare a qualche festicciola in giradino. Il gruppo sempre più frustrato iniziò rapidamente a perdere pezzi, il primo a salutare fu tal Fish, rimpiazzato alla batteria dal salvadoregno Pete sandoval. Trovato un batterista coi controcazzi forse Garcia e Pintando si aspettavano qualche novità di rilievo, qualche ingaggio..ma come disse Garcia: "I Terrorizer erano troppo poco Hardcore per i punk, e troppo  veloci per i metallari", se poi ci mettiamo che Garcia e soci si sono sempre rifiutati di pagare per suonare (secondo la legge molto in voga del pay-to-play) si capisce come mai le occasioni di esibirsi live si contarono sulle dita di una mano. Ancora con sandoval in formazione i Terrorizer riuscirono comunque a registrare le  demo in studio Nightmares e Demo 87  e lo split coi Nausea,  senza tuttavia attirare troppo l'attenzione.
sandoval però lasciò il gruppo in direzione Morbid Angel alla fine del 1988, decretando di fatto la fine della band.
sarà Digby Pearson, deus ex machina della Earache Records, a mettere sotto contratto la band nel 1989, quando Jesse Pintado aveva anche lui già lasciato per accasarsi coi Napalm, permettendo così al combo losangelino di registrare il loro primo storico album. 
Alla registrazione prenderanno parte Pintado, Garcia e sandoval, oltre a David Vincent nel ruolo di bassista. Quello che ne uscirà sarà World Downfall, un disco selvaggio, furioso, epocale. Un disco che assieme ai primi due lavori dei Napalm Death ha marchiato a fuoco il mondo del grindcore, e che si pone ancora oggi come pietra miliare e di paragone per tutti gli album di questo tipo.
Non c'è che dire, una bella rivincita per una band che all'inizio faticava ad esibirsi live, e che era mal vista sia dai punk che dai metallari.

Tracklist:

1 After World Obliteration
2 storm of stress
3 Fear of Napalm
4 Human Prey
5 Corporation Pull-In
6 strategic Warheads
7 Condemned system
8 Resurrection
9 Enslaved By Propaganda
10 Need to Live
11 Ripped to shreds
12 Injustice
13 Whirlwind struggle
14 Infestation
15 Dead shall Rise
16 World Downfall




martedì 20 marzo 2018

1990 - I Guerrieri del Bronx


Il film di cui voglio parlarvi oggi è 1990 - I Guerrieri del Bronx, film italiano scritto da Derdano sacchetti ed Elisa Livia Briganti e diretto da Enzo Girolami, qua accreditato come Enzo G. Castellari, ed uscito nel 1982.

La storia si svolge in un 1990 distopico in cui il quartiere del Bronx è stato dichiarato come terra di nessuno dal governo degli stati Uniti, e in cui a regnare sono solo la violenza e bande di fuorilegge dai nomi folkloristici come i Tigers, gli scavenger, gli Zombie o gli Iron Men. 
Una giovane, Ann, fugge dalla ricca Manhattan per ritrovarsi dispersa nel Bronx dove verrà attaccata da una delle sopra citate banda criminali. salvata dal belloccio Trash (Marco Gregori/Mark Gregory), leader della banda di biker dei Riders,  finirà con l'innamorarsi di lui e deciderà di non tornare più a Manhattan. Tutto ciò innescherà una serie di problemi a non finire, e una spietata lotta per il controllo del quartiere tra lo stesso Trash e il perfido Hammer, un poliziotto corrotto e assetato di potere.

Regista e sceneggiatori vollero disegnare un futuro cupo dominato dalla violenza e da bande di fuorilegge, anche se più che altro a mio modesto avviso si sono limitati ad "arricchire" un po la già precaria situazione del Bronx di fine anni 70/primi anni 80. Non a caso l'ispirazione per il film venne al produttore Fabrizio De Angelis dopo aver visitato personalmente il quartiere in questione ed averne constatato coi propri occhi lo stato di evidente degrado.

Il film fa volutamente il verso già a partire dal titolo a "The Warriors"  di Walter Hill, un capolavoro uscito tre anni prima e che tanti consensi aveva ottenuto. Proprio questa mancanza di originalità è il punto debole del film, infatti guardandolo ho pensato  più volte tra me e me "questa è la versione trash e di serie B di The Warriors". Detto ciò il film non è male e si lascia guardare, e non mancano le curiostià come la presenza nel cast di Fred Williamson nel ruolo di Ogre, capo della banda dei Tigers e autoproclamato Re del Bronx, già recensito su queste pagine col suo Il Cobra Nero, o di Ennio Girolami (fratello del regista) nel ruolo del presidente degli stati Uniti. Altra presenza di peso è quella di George Eastman  (Luigi Montefiori) nel ruolo di Golem, attore italiano famoso per film come Antopophagus e Porno Holocaust, tra i tanti.

se vi piace il genere post apocalittico, e se vi è piaciuto The Warriors, io consiglio comunque di dargli un'opportunità.

Anno: 1982
Regia: Enzo G. Castellari 
Durata: 92 min.
Musica: Walter Rizzati.

giovedì 8 marzo 2018

Cemetery High


Per la serie "girls with guns" andiamo oggi a dare un'occhiata a Cemetery High, film del 1988 diretto da Gorman Bechard.

In una non meglio precisata cittadina degli stati Uniti 4 liceali prossime al diploma sono vittime di violenze ad opera di loro compagni di scuola. Dopo il diploma decideranno che tutti gli uomini dovranno pagarla, che dovranno essere uccisi nei modi più brutali possibili, perché a loro modo di vedere sono tutti feccia e "palle mosce". si metteranno quindi all'opera, ma quello che dovrebbe essere solo un passatempo estivo (così viene definito da loro) si ritroverà a diventare un fenomeno culturale in grado anche di generare imitatrici e seguaci delle quattro assassine.

Il film in alcuni tratti sembra quasi essere montato come una sorta di documentario, non mancano infatti i momenti in cui le quattro protagoniste spiegheranno al telespettatore i motivi che le hanno condotte a tanta violenza, e si scoprirà che l'odio per il maschio era tutto sommato un motivo si, ma non il principale.

Il film forse vorrebbe essere una critica al mondo maschile, con uomini descritti come violenti e sporchi figli di puttana con in testa una cosa sola, ma forse era solo una trovata come un'altra per realizzare un film che fosse l'apoteosi del trash. E se l'intento era quest'ultimo tutto sommato ci sono quasi riusciti.
Il film forse vorrebbe essere una critica al mondo maschile, con uomini rappresentati in molti casi  come violenti, sporchi e con in testa una cosa sola...anche se forse era solo una trovata come un'altra per realizzare un film che fosse l'apoteosi del trash. E se l'intento era quest'ultimo tutto sommato ci sono quasi riusciti.


C'è un po di tutto in questo ridicolo trash movie di fine anni 80: abbiamo una pessima recitazione, situazioni forzatissime, personaggi ridicoli (il medico legale schiavone e lo sceriffo Bob vincono per distacco), belle ragazze e un'insensatezza di fondo che riesce comunque a tenerti incollato allo schermo per vedere come andrà a finire.



ah ps: i sottotitoli a volte sembrano scritti da un bambino di 6 anni. Capirete il perché vedendo il film.

Regia: Gorman Bechard
Durata: 80 min.
Anno: 1988
Musica: 

sabato 3 marzo 2018

Fritz il Gatto (1972)



Oggi si va a dare uno sguardo al cinema d'animazione con Fritz il Gatto del 1972,  tratto dall'omonimo fumetto di Robert Crumb.

Fritz abita a New York ed è un gatto dissoluto dedito a festini a base di alcool, droghe e sesso libero (siamo pur sempre nel 72). stanco però della repressione da parte della polizia, e forse in cerca di qualcosa di nuovo e stimolante, deciderà quindi di spostarsi in California in cerca di emozioni forti.

Uscito nel 1972 Fritz il Gatto fu il primo film d'animazione vietato ai minori di 18 anni, e si può facilmente capirne il motivo visti i suoi contenuti  espliciti a base di sesso alcol e droga e alla sua fortissima satira nei confronti della religione, della società americana e dei suoi costumi dell'epoca. L'ideatore del fumetto Robert Crumb al tempo però si lamentò moltissimo dell'adattamento cinematografico ad  opera di Ralph Bakshi (autore tra gli altri di Fuga dal Mondo dei sogni del 1992), tanto da arrivare anni dopo a far morire il povero Fritz pur di evitargli altri scempi simili. E chissà cosa avrà detto il buon Crumb dell'adattamento italiano del film! Perché qua tocchiamo il vero punto focale e il vero problema dell'intero lavoro (o meglio della versione italiana), il doppiaggio.

Ragazzi il doppiaggio, dio mio...uno scempio. Non conosco altre parole per definire il doppiaggio italiano di Fritz il Gatto. Doppiaggio al quale prendono colpevolmente parte due big del cinema e del doppiaggio italiano: Oreste Lionello e Giancarlo Giannini. Doppiaggio che ha stravolto completamente il senso originario del film infarcendolo di riferimenti alla vita italiana del tempo, con richiami alla fiat, agli scioperi e mettendo in fila una serie sconfinata di stereotipi sull'italiano medio che non farebbero ridere nemmeno un bambino di 11 anni. Le voci dei protagonisti del film poi sono state sostituite con dialetti provenienti da tutta Italia, e possiamo così sentire corvi con strani accenti napoletani, poliziotti suini parlare in siciliano e Fritz con una parlata romanesca che  nemmeno fossimo alla Garbatella.
Harlem poi diventa Little Italy per adattarsi meglio a tutto il resto, uno schifo insomma.
stesso problema che troviamo con le canzoni che fanno da colonna sonora alle avventure di Fritz, completamente stravolte (alcune al limite dell'imbarazzante) ed italianizzate pure quelle, tanto per finire il lavoro..

Insomma per tirare le conclusioni posso solo dire che se volete vederlo fate bene perché il film è sicuramente divertente e politicamente scorretto, ma per dio guardatelo in inglese! Anche se avete scarsa dimestichezza con la lingua non fa niente, vi assicuro che la visione risulterebbe assai più piacevole rispetto all'imbarazzante edizione italiana. 

Anno: 1972
Durata: 76 min.
Regia: Ralph Bakshi
Musica: Ed Bogas, Ray shanklin

giovedì 15 febbraio 2018

2000: La Fine dell'Uomo



Oggi voglio allontanarmi per un secondo dal cinema horror, dallo splatter e il gore...e anche dal cinema vagamente d'exploitation. No, oggi voglio parlare di un altro tipo di film, un film del 1970 intitolato 2000: La Fine dell'Uomo. 

Un misterioso virus ha cominciato a contagiare ogni tipo di  piantagione, generando fame, carestie e violenze in alcune parti del mondo. L'Inghilterra e Londra però sembrano al sicuro...ma è solo una situazione momentanea, perchè una nube tossica incombe minacciosa pronta a contagiare qualunque cosa, esseri umani inclusi. In tutto questo la famiglia Custance decide di partire alla volta della scozia alla ricerca di una fattoria che a quanto sembra rappresenta l'unica salvezza. Durante il viaggio però i malcapitati saranno vittime di imboscate e violenze assortite, e dovranno faticare non poco per raggiungere l'agognata meta.

Il film è tratto dal romanzo di John Christopher Morte dell'Erba uscito nel 1956, e vorrebbe essere una critica alla società e al menefreghismo dell'uomo, che sa solo pensare a se stesso mettendo in secondo piano persino il bene  del pianeta. Un film ambientalista dunque, che pur essendo stato girato nel 1970 rimane ahimè molto attuale. Cambiamento climatico, inquinamento, carestie e fame sono purtroppo temi ancora drammaticamente attuali.

La pecca principale del film a mio avviso è che sì è un film ambientalista e che vorrebbe essere una critica alla società umana, e forse anche un avvertimento per ciò che potrebbe accadere in un ipotetico futuro, ma purtroppo ha il difetto di perdersi per strada. Il film infatti via via si riempirà sempre di più di scene d'azione, che sono sì utili per far vedere la lotta per la sopravvivenza della famiglia Custance, ma che finiscono con lo svilire un po  la trama avvicinando il film ad un più classico film d'azione. Anzi a dirla tutta il finale con l'assedio alla fattoria mi ha ricordato quasi un film di guerra.

Nonostante tutto comunque un buon film con un buon intento di partenza.

Regia: Cornel Wilde 
Anno: 1970
Durata: 96 min.
Musica: Burnell Whibley

lunedì 5 febbraio 2018

MANIAC NURSES FIND ECSTASY 



Oggi facciamo la prima incursione (di tante si spera) nel mondo Troma. Ovviamente non c'è bisogno che stia troppo a spiegare cos'è la Troma e cosa rappresenta la casa di produzione fondata da Lloyd Kaufman e Michael Herz negli anni 70. Giusto così per dire è la fautrice di pietre miliari dello splatter e del trash come Surfer Nazi's Must Die e la saga del Vendicatore Tossico
Il film che vado a trattare oggi (e premetto che sto scrivendo alle 5 di mattina e dopo aver passato una notte insonne) è Maniac Nurse Find Ecstasy del 1990.

Un manipolo di sadiche infermiere, in realtà ex prostitute e assassine, capeggiate dalla perfida Ilsa tiene in ostaggio una clinica, passando il tempo tra rapporti lesbo, spogliarelli, omicidi e operazioni alquanto particolari. Nella clinica però dopo i bei tempi trascorsi si respira un'aria diversa. C'è maretta infatti tra la direttrice Ilsa e la sua assistente ed ex amante Greta. Motivo del contendere? Sabrina, la figlia di Ilsa...nonché grande e insospettabile amore proprio della madre-direttrice. 

Ammetto di aver voluto vedere questo film perché ispirato dalla trama, letta non ricordo dove, in cui si parlava di procaci femmine armate fino ai denti e pronte a compiere le peggiori nefandezze in nome dell'appagamento sessuale più malato e perverso. In verità le cose non stanno proprio così, o meglio sono meno estreme di quello che la lettura della trama lasciava intendere. 
Si ci sono le ragazze procaci e armate di mitra e fucili a pompa (pompa ehehe..), si c'è qualche scena gore, qualche testa saltata e anche un'operazione particolare su una povera cavia ancora viva...ma troppo poco forse rispetto a ciò che sarebbe stato lecito aspettarsi.
La voce narrante fuori campo ci descriverà vizi e perversioni delle pericolose infermiere ma non si andrà mai troppo a fondo. Le scene erotiche sono ridotte all'osso, e oserei dire quasi inesistenti, e la storia fondamentalmente ruoterà attorno a Sabrina e al suo malato piacere per il sesso e la violenza. Anche qua però di sesso e violenza non se ne vedrà molto.
Proprio la figura di Sabrina sarebbe stato il motivo buono per creare qualcosa di ancora più trash e violento,  ma il tutto si riduce solamente a vedere lei poco vestita sfogliare il suo fumetto preferito.
La regia nelle scene d'azione (es la caccia ai campeggiatori) è molto lenta per dar modo a noi spettatori di ammirare la procace bellezza delle protagoniste, e tutto sommato visto che il film è un chiaro omaggio al cinema d'exploitation tanto caro a Russ Meyer (autore di Motorpsycho, e Faster, Pussycat! Kill! Kill! tra i tanti) ci può stare. 
La recitazione e il doppiaggio dal canto loro non sono niente di speciale, anzi diciamo chiaramente che le belle ragazze potevano anche stare zitte per tutta la durata del film, e credetemi non si sarebbe notata la differenza.

Anno: 1990
Regia: Leon Paul De Bruyn
Musiche: Philipp Smithe
Durata: 74 min.
Genere: Drammatico, Erotico, Trash

sabato 27 gennaio 2018

The Regenereted Man (1994)



Dopo una pausa dal cinema iniziavo a sentirmi in astinenza da trashate, così sono tornato e l'ho fatto con The Regenereted Man, un film di Ted A. Bohus del 1994. 

Il Dottor Robert Clarke sta lavorando ad un siero capace da solo di rigenerare i tessuti morti. Una sera mentre è in laboratorio per degli straordinari viene aggredito da due banditi (di cui uno è un mal riuscito crossover tra Giovanni Storti e Marco Columbro). I due malviventi sono in cerca d'oro (in un laboratorio chimico?? Boh..) ma non trovandolo si accontentano di accanirsi sul povero dottore. Uno dei due, forse esperto in chimica  o forse solo fortunato, inizia a mischiare composti chimici a casaccio per farli poi ingerire al malcapitato. L'effetto che questo intruglio avrà sul nostro protagonista sarà a dir poco prodigioso! Infatti di lì a poco il dottore si risveglierà tramutato in uno "spaventoso" mostro. Che più che altro a dirla tutta sembra il fratello scarso di Freddy Krueger.
Tutto ciò porta ad una serie (nemmeno troppo lunga) di omicidi.

Il film è una sorta di rivisitazione in chiave horror/thrash/comica del romanzo Lo Strano Caso del Dottor Jekyll e del Signor Hyde di Robert Louis Stevenson. Il problema è che il film ha una trama davvero troppo arruffata e oggettivamente inconsistente. Se è vero che lo spunto poteva essere vincente, è altrettanto vero che il suo sviluppo è talmente povero da far decadere quelle poche possibilità che il film aveva di non farti passare un'ora e mezzo immerso nella noia.

Per di più i dialoghi e la recitazione sono davvero poveri ed inconsistenti, e l'azione è davvero ridotta al minimo. La vicenda infatti, salvo i pochi casi in cui il mostro uccide, si svolge quasi per intero in un fottutissimo laboratorio...che più che altro viste le dimensioni potrebbe essere uno sgabuzzino. La regia è pessima e sinceramente ho fatto molto fatica a collocare temporalmente questo film nel 1994. 

C'è una frase detta del Detective Winter (l'antagonista principale del film) con cui sono d'accordo, infatti commentando l'ennesimo omicidio se ne esce con un "l'unico testimone parla di un tizio con una maschera da mostro", ed è infatti questa la sensazione che si ha vedendo il mostro, di un tizio con una maschera...sapete quelle che si comprano per carnevale o per halloween. Gli effetti speciali, se così vogliamo chiamarli, non sono speciali per niente. Il film è fatto chiaramente con un budget piuttosto basso e a risentirne sarà soprattutto la scena finale, quella che dovrebbe essere il punto forte del film insomma...ovvero la seconda mutazione del mostro. 

Insomma un film abbastanza evitabile in sostanza, che può essere visto giusto per farsi due risate.


Regia: Ted A. Bohus
Durata: 89 min.


lunedì 22 gennaio 2018

Il Cobra Nero 



Fred Williamson è un uomo incredibile. Nato a Gary (Indiana) ossia la stessa città di Michael Jackson, fu un forte giocatore professionista di football americano, esperto di arti marziali, attore e infine regista per questo Mean Johnny Barrows, tradotto impropriamente in italiano come Il Cobra Nero.

Plot:
Johnnny è un uomo di colore, ex calciatore e veterano della guerra del Vietnam, nella quale si è anche guadagnato un encomio per le sue valorose azioni, laddove per "valorose" si intende l'aver ucciso molti vietcong.

Durante un addestramento Johnny ha un alterco con un suo superiore, un bianco con poca simpatia per le persone di colore. Johnny a quel punto non ci vede più e lo picchia, come risultato il nostro eroe verrà cacciato "con disonore" da quell'esercito che era stato fino a quel momento casa e unica occupazione.
A quel punto senza lavoro e senza un alloggio Johnny comincerà a vagare per i bassifondi di New York. Nel suo girovagare senza una meta prima verrà pestato da alcuni teppisti, quindi arrestato per ubriachezza...e malmenato da poliziotti bianchi e razzisti..poi finirà per entrare in un ristorante italiano nel quale il proprietario, un italo-americano di nome Mario Racconi, riconoscerà in lui un ex eroe di guerra ed ex calciatore. 
Racconi offre a Johnny un lavoro come sicario per la mafia, ma Johnny rifiuterà a più riprese questa proposta perché voglioso di farsi una vita e ritrovare se stesso lontano dalla violenza e dalla morte a cui la guerra e l'esercito lo avevano abituato.
Proverà dunque a cercare lavoro venendo respinto un po ovunque. Alla fine troverà lavoro come sguattero in una infame stazione di servizio, gestita da un ancora più infame proprietario razzista, bifolco e anche strozzino. Quando il suo amico Mario Racconi e tutta la sua famiglia verranno sterminati da una famiglia rivale (i Da Vinci) Johnny sarà suo malgrado costretto a riprendere in mano pistole e fucili per vendicare il suo amico. 

Un film che mi è piaciuto assai nonostante a livello di recitazione non sia il massimo. Per un'ora buona vediamo sostanzialmente Johnny che si arrangia a fare una vita che non vorrebbe, perso tra la ricerca di un'occupazione, il razzismo di poliziotti e datori di lavoro e il continuo pressing della famiglia mafiosa dei Racconi. L'azione vera e propria si trattiene tutta negli ultimi 30-35 minuti e devo dire non è male. Mi ha lasciato perplesso solo lo scontro tra Johnny e il sicario dei Da Vinci a colpi di Kung Fu (Fred Williamson, il protagonista, è un esperto di arti marziali). Le scene di lotta nonostante l'esperienza del protagonista in questo campo non sono memorabili, però mi hanno comunque strappato una risata.
Una cosa che poteva essere maggiormente approfondita è la sua "storia" con la bionda Nancy. 
Nancy la doppiogiochista, l'amante di un Da Vinci che per soldi venderà l'intera famiglia Racconi. Ecco, nel finale Johnny dice a Nancy di amarla, ma in precedenza non si era mai neppure visto o percepito niente. Ci sono rimasto un po così.
Questo film è parte integrante del filone Blaxploitation, ossia  di film destinati inizialmente solo ad un pubblico di colore, ma che poi col passare degli anni sono divenuti dei cult tra gli appassionai del genere Exploitation. Il Cobra Nero è una storia di povertà e razzismo, ma anche di vendetta, e della ricerca da parte di un uomo di una vita normale e del proprio posto nella società americana degli anni 70. Non il classico gangster movie ma qualcosa di simile, con una storia narrata non benissimo ma nel quale il regista vuole far respirare quello che era il clima di razzismo che ancora si respirava nella New York di metà anni 70.


mercoledì 10 gennaio 2018

The Accused


Hardcore, crossover..splatterock! Questo sono i The Accused da Oak Harbor (seattle, Washington). Nascono nel 1981 (cazzo hanno la mia età!) su iniziativa del chitarrista Tommy Niemeyer, del bassista Chibon "Chewy" Batterman e dal batterista Dana Collins. Il cantante iniziale è tale John Dahlin, che verrà però sostituito nel giro di un paio d'anni (e dopo aver registrato con lui due demo) da Blaine Cook ex cantante del gruppo punk The Fartz.
Cook che col suo stile vocale sguaiato sarà uno dei punti di forza della band negli anni a venire, ne più ne meno della mascotte del gruppo, l'assassina dalle grosse tette..Martha splatterhead. Martha (disegnata da Niemeyer stesso) oltre che simbolo del gruppo diverrà anche la principale ispirazione per i testi della band, a base di horror, violenza e humor nero di ogni tipo.
Esordiscono col primo album nel 1986 con The Return of...Martha splatterhead, un disco di hardcore/crossover tremendamente veloce ed epilettico, che presenta già tutte le caratteristiche tipiche della band e che ne decreteranno il successo soprattutto a livello underground. Tra l'altro il disco in questione contiene una curiosità: fu infatti il primo disco ad uscire in Europa col marchio Earache Records, etichetta di Nottingham (Uk) che negli anni sarebbe divenuta il caposaldo del grindcore prima e del death metal poi, facendo uscire gli esordi di band come Napalm Death, Morbid Angel, Entombed, Deicide e Carcass.
Il seguente lavoro in studio dei pazzi criminali di Oak Harbor esce un anno dopo col titolo di More Fun than an Open Casket Funeral!, che segna un piccolo miglioramento nel songwriting e nell'uso degli strumenti da pare di tutti i componenti della band. Nella band entra al basso Alex sibbald al posto di "Chewy" Batterman (che sfortunatamente troverà la morte prematura nel 1996).
Ma il vero apice della band è Martha Splatterhead's Maddest Stories Ever Told del 1988, un altro deciso passo avanti per la band americana in tutti i sensi. Un disco di crossover duro e puro, con canzoni al fulmicotone come l'iniziale Psychomania, You Only Die Once o come la cover di sick Boy, brano reso originariamente famoso dai britannici G.B.H.
Grinnin like an Undertaker del 1990 prosegue dritto sulla stessa scia fatta di canzoni veloci e sporche di sangue e budella. Alla batteria fa il suo esordio con la band Josh snider, il tempo di un solo disco però e verrà cacciato anche lui.
L'ultima fatica prima dello scioglimento è un altro disco degno di nota, uno dei loro migliori (a mio avviso) e cioè splatter rock del 1992. Proseguono i cambi alla batteria, che vede adesso cimentarsi dietro le pelli Devin Karakash. Il disco è l'ennesimo concentrato di violenza spiattellata in faccia all'ascoltatore, ma è una furia più controllata rispetto agli esordi o anche solo al recente passato. La band ha ormai imparato ad avere il pieno controllo della strumentazione e non si assiste più a bordate fuori controllo come agli esordi, e canzoni come Two Hours Till sunrise sono la prova migliore di quello che sto dicendo.
seguiranno anni un po incerti, fatti soprattutto di singoli (straight Razor del 1992, Paint it Red 1999), fino al ritorno alla grandissima col sanguinoso e divertentissimo Oh Martha! del 2005. Ablbum ispiratissimo dalla prima all'ultima canzone, con tematiche come sempre iper violente e ispirate anche al cinema horror (Fast Zombie Rule, National Embalming school). Album come tutti gli altri apprezzato solamente a livello underground...il che se volete la mia opinione è solo un bene. 
L'ultimo lavoro è The Curse of Martha splatterhead del 2009, un altro grande disco che si piazza idealmente sul felice solco del predecessore. L'unica cosa che non mi ha mai convinto è il cantante. Infatti al posto di Blaine Cook troviamo Brad "B.R.A.D." Mowen, bravo per carità...ma non è Blaine.

Curiosità finale: Ogni cazzo di volta che cerco The Accused mi escono sempre scene dell'omonimo film con Jodie Foster..